NOTIZIE DA MEKI 20 Novembre 2003
INTERVISTA A PADRE GIOVANNI MONTI
Durante la sua visita al Gruppo, Padre Monti ha avuto modo di darci preziose informazioni sul Vicariato (specie sulla situazione attuale), attraverso un'intervista. Di seguito riporto solo un estratto dell'intervista. Per leggere l'intervista completa clicca qui.
Si presenti… Sono Padre Giovanni Monti e attualmente sono in Etiopia, a Meki, con due incarichi: quello di Amministratore del Vicariato e quello di Segretario Generale del Segretariato Cattolico di Meki (Il sistema usato in Etiopia prevede che ogni Diocesi ne abbia uno). Il Segretariato è diviso in due rami che si curano dell’aspetto sociale e di quello pastorale: ciascuno controllato da un Coordinatore. Questa struttura impiega a Meki circa una quindicina di persone e, tra le altre cose, funge da aiuto al Vescovo (rappresentante ufficiale della Chiesa) nell’attuazione dei vari progetti socio-pastorali.
Sono a Meki, con questi incarichi, dal 2000, ma sono stato già in precedenza (dal ‘87 al ’93) con il Vescovo S.E. Mons. Yohannes Woldegiorgis, Amministratore (il Segretariato non esisteva ma i compiti che avevo erano gli stessi se non addirittura maggiori) e rettore del Seminario minore. Tornando indietro nel tempo, ho studiato in un seminario diocesano filosofia (chiamavano la mia una “vocazione tardiva”), in seguito la mia formazione è continuata a Torino, nel Seminario Maggiore dei Missionari della Consolata, con lo studio della teologia e dove venni ordinato Sacerdote nel 1958, e quindi, per 4 anni, negli Stati Uniti. La prima esperienza missionaria è stata in Tanzania, dove per 8 anni ho insegnato biologia presso il Liceo di Tosamaganga. Sono quindi stato 13 anni a Londra, prima nel Seminario Maggiore e poi nella casa centrale dei Missionari della Consolata. In Etiopia sono arrivato nel 1983, presso la missione di Gambo dove sono stato anche Amministratore dell’ospedale. Poi ho continuato, come vi ho detto, a Meki.
SITUAZIONE ATTUALE
Qual è la situazione del Vicariato? partendo dalla fame…
Le piogge irregolari di quest’anno e dell’anno precedente hanno provocato gravi danni all’agricoltura tanto che inizialmente le previsioni davano 8 milioni di etiopici a rischio di morte per fame; addirittura nel momento di massima emergenza si ipotizzarono fino a 13 milioni di persone a rischio. Ora l’emergenza è in parte rientrata sebbene la nostra attività continui. In casi come questi è il governo a dichiarare le zone di emergenza, e quindi ad indicare dove è richiesto il nostro aiuto. Le fonti di finanziamento, nel caso specifico, sono giunte da diverse associazioni (tra cui la Caritas Internazionale, la Conferenza Episcopale degli Stati Uniti ed anche il Gruppo Meki), mentre noi siamo responsabili dell’acquisto, del trasporto e della distribuzione del cibo oltre che di tutte le attività burocratiche richieste dalle autorità locali. A seconda delle disponibilità, abbiamo distribuito mais, grano e olio fino ad un massimo di 100.000 persone; la dimostrazione che la situazione è migliorata è che ora il numero è sceso a 13.000. A Zwai, vicino a Meki, le suore salesiane si erano organizzate per fornire un pasto al giorno; hanno iniziato con 300 pasti, fino ad arrivare ad 8000. Quando sono partito io, i pasti erano scesi a 2000. Oltre alle emergenze dichiarate dal governo ci sono poi, 365 giorni l’anno, altre persone che hanno bisogno di cibo e medicine, per questo la nostra attività di distribuzione di cibo non cessa mai. E’ importante pensare anche allo sviluppo, così parte degli aiuti finanziari sono impiegati nella prevenzione delle carestie e per: controllo delle erosioni, terrazzamenti, controllo e trattenimento delle acque, irrigazione corretta, impianti di nuovi boschi, riparazione ed apertura strade carrozzabili, miglioramento delle tecniche agricole…
…e la situazione sanitaria? Tra le malattie la malaria è la più diffusa. Sui giornali si parla, addirittura, di 15 milioni di etiopici che ne soffrono. Notoriamente la lebbra viene considerata la malattia peggiore in Etiopia ma, pur essendo molto brutta e necessitando di cure importanti, devo dire che sono pochi a morirne, mentre sono molte le morti causate dalla tubercolosi. I più colpiti sono i giovani sotto i 14 anni e soprattutto le ragazze. Come molti paesi dell’Africa anche l’Etiopia è gravemente colpita dall’Aids, e se da un lato il virus è sempre più diffuso, dall’altro mancano le costose medicine che servono per curarlo.
Quali sono i problemi di cui vi state occupando al momento? come li state affrontando? Sono quattro i problemi da affrontare al momento: 1. costruzione e sistemazione dei pozzi. La carenza di acqua, spinge molte persone a scavarsi il loro pozzo; l’acqua si può trovare a circa 40 m di profondità, infatti la roccia porosa fa in modo che l’acqua penetri dai laghi fino a Meki. Purtroppo attraverso questi pozzi, che sono privi di copertura adeguata, il rischio di infezioni e malattie aumenta: infatti capita spesso che animali selvatici, specialmente lucertole e insetti, vi cadano dentro e muoiano. Abbiamo, però, trovato il modo di rimediare a questo problema, coprendo i pozzi già esistenti (e scavandone di nuovi) con una soletta di cemento e ponendovi al centro una pompa manuale. Teniamo molto a questa iniziativa con cui è possibile avere con poco acqua pulita a disposizione, specie nelle campagne.
2. Scuola di Meki. Le nostre scuole sono state le prime aperte a Meki, solo successivamente sono giunte quelle del governo. Noi consideriamo importante la loro attività; innanzitutto perché le scuole governative da sole non sarebbero in grado di soddisfare il grandissimo fabbisogno di istruzione che c’è a Meki e poi perché, nonostante la maggior parte dei nostri insegnanti non sia cattolica, esse danno un orientamento cristiano a coloro che le frequentano. Come già detto, le scuole sono tenute dai Fratelli delle scuole cristiane, mentre è quasi totalmente nostra la responsabilità finanziaria del loro mantenimento. Agli studenti è richiesto un piccolo contributo, ma molti non possono permettersi nemmeno quello e noi non possiamo rifiutarli. D’altra parte gli insegnanti sono molto qualificati e meritano uno stipendio adeguato, così si arriva fino a necessitare di 10.000 $ al mese per le loro retribuzioni. Attualmente il nostro obiettivo è quello di riuscire a tenere aperte le nostre scuole. 3. Ridare la terra ai contadini.
Questi, hanno in genere un piccolo appezzamento di terra e uno o più buoi per l’aratura e i lavori agricoli (trattori non ce ne sono). Quando mancano le piogge, come è avvenuto di recente, viene a mancare anche il foraggio per alimentare i buoi e non avendo denaro per comprarne, i contadini si vedono obbligati a rinunciare agli animali che perciò vendono. Ma senza buoi la terra non può essere coltivata per questo rinunciano anche a quella dandola in affitto per un contributo in denaro o in cereali, che spesso è limitatissimo. I contadini senza terra, scappano in città dove vivono alla giornata. Il nostro progetto consiste nel dare un bue (in comune con 2 o 3 famiglie), per aiutare queste famiglie a ritornare in campagna a lavorare la loro terra. 4. Promozione della donna. Sono molti gli esempi di come la donna necessiti di una adeguata promozione a Meki e nel Vicariato. Capita spesso che le ragazze, specie, in campagna, vengano rapite, magari per non dover pagare un “prezzo” troppo alto al padre in caso di matrimonio. In questo modo le donne hanno paura ad allontanarsi di casa e quindi non si recano nemmeno a scuola quando questa è lontana. Vogliamo, a questo proposito, diffondere le cosiddette “informal schools” (scuole di base) nelle campagne, per non lasciare queste ragazze nell’ignoranza. Non mancano, poi, quelle che già a 14 anni sono indotte (magari dalla stessa famiglia che le vuole indipendenti) a prostituirsi in città. Il nostro progetto attuale di promozione della donna (che si affianca all’istruzione), prevede l’attribuzione di piccole cifre di denaro per permettere loro di avviare una piccola attività commerciale; così da rendersi indipendenti e sfuggire alla prostituzione.
Prossimamente faremo avere al Gruppo i dettagli relativi a questi progetti.
State vedendo, col passare del tempo, un qualche progresso? In generale la situazione è migliorata. Per esempio, molte persone hanno compreso la necessità di bere acqua pulita: le mamme ora sanno che devono dare ai bambini l’acqua dei pozzi puliti e non quella del fiume inquinata dagli animali. Questo è un segno molto positivo, come la diffusione delle farmacie; prima i malati per curarsi andavano dallo stregone nella foresta adesso vanno in farmacia. E poi dal punto di vista dell’Istruzione; tutti vogliono andare a scuola (le scuole si moltiplicano in città e in campagna). La chiesa è pioniere in questo senso, anche per quanto riguarda l’attenzione per i meno fortunati: il governo non avrebbe mai pensato di creare strutture per non vedenti e poliomielitici; per prima cosa pensano ai sani, a chi sta bene e può produrre.
Qual è la posizione del governo nei vostri confronti? è cambiata rispetto al passato? E’ cambiato rispetto al periodo di dittatura marxista di Menghistu Haile Mariam (12.9.1974 – 28.5.1991), quando c’erano dei limiti nella espressione pubblica della fede. Ora il Governo è laico, per cui non riconosce nessuna religione come tale, ma lascia libera espressione a tutte, sia in città che in campagna. Tuttavia nelle scuole, durante gli orari ufficiali, non si può insegnare religione, ma solo educazione morale civica. I missionari non hanno il permesso di entrare come tali, ma solo, come qualsiasi altro straniero, se responsabili (anche finanziariamente) di qualche progetto di sviluppo o di emergenza, per il quale debbono essere qualificati (diplomi, lauree): professori, dottori, infermieri, assistenti sociali, agronomi… Il permesso, poi, deve essere rinnovato ogni anno.
Quali sono i rapporti che intercorrono con le altre religioni? In generale sono buoni, anche considerando il fatto che noi cattolici nel Vicariato siamo una minoranza (circa 21.000 su più di 5 milioni). Gli ortodossi sono i più numerosi, ma si occupano principalmente di evangelizzazione e non di aiuto sociale. Le relazioni sono buone anche se ci tengono sempre a buona distanza (specie quelli anziani). I protestanti fanno un ottimo lavoro a livello di evangelizzazione ed attraggono molti giovani, anche cattolici. Se il nostro programma dopo la Cresima è limitato, loro sono abituati a organizzare incontri di catechesi (specialmente sulla Bibbia) anche per adulti; spesso questi incontri durano fino a tarda notte. Con i musulmani, come per le altre religioni, i rapporti sono buoni (la maggioranza dei lavoratori che impieghiamo professano questa religione); gli unici problemi sono al confine con la Somalia con pochi integralisti.
GRUPPO MEKI
Qual è lo spirito che si deve avere quando si fanno grandi opere, come quelle di voi missionari, o piccole opere, come quelle che porta avanti il nostro Gruppo o quelle che porterà avanti il Gruppo Giovani? Lo spirito è quello che conta. Come ha scritto il papa nella lettera per la giornata missionaria: la cosa più importante è essere buoni cristiani. Se uno è cristiano, non solo crede che Dio è il Padre, ma anche che siamo tutti fratelli e sorelle. La cosa principale, allora, non è tanto quanto sono grandi le cose che facciamo, ma lo spirito con cui le facciamo. Dobbiamo avere questo spirito di fede e di amore; spirito di condivisione dei doni che ci ha donato il Signore: che i poveri sappiano anche attraverso il nostro aiuto, che Dio li ama. Se qualcuno ci chiede: “Chi te lo fa fare?” noi rispondiamo: “lo facciamo perché ce lo chiede il Signore, che ci dice come io ti amo, tu ama gli altri”.
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aggiornamento pagina: 9 Dicembre 2003 |
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