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L'Etiopia è un grande stato dell'Africa nord-orientale formatosi su un bastione di altopiani vulcanici che la piovosità dei rilievi rende simile a una vastissima oasi che strapiomba sulle terre aride circostanti; in questo rifugio ideale contro le invasioni, le popolazioni rurali cristiane e Io stato che le tutelava hanno resistito per secoli alla pressione dell'lslam. Il paese confina a ovest con il Sudan, a sud con il Kenya, a est con Ia Somalia e la Repubblica di Gibuti; la facciata settentrionale sul mar Rosso (oltre 1000 km), che costituiva l'unico sbocco al mare, è occupata dal recente stato dell'Eritrea (1993).
RILIEVI
L'Etiopia presenta il maggior complesso di altopiani dell'Africa e uno dei più estesi depositi lavici del mondo. Si distinguono sei unità morfologiche: l'altopiano basaltico occidentale, nucleo storico dello stato etiopico, che è dominato da ripide montagne sopra i 4.000 m (Ras Dascian, 4.620 m) con cime appiattite (ambe), ed è inciso da profonde valli, fra cui quella del fiume Abay (Nilo Azzurro); la cosiddetta Fossa dei Galla (o dei Laghi), che costituisce il limite settentrionale della grande frattura tettonica est-africana (Rift Valley); a NE il triangolo formato dai bassopiani e dalle pianure del paese degli afar o Dancalia (dove la depressione di Dabul scende di 116 m sotto il livello del mare); l'altopiano basaltico che si estende a E deIla Fossa dei Galla, con cime meno imponenti che nell'altopiano occidentale; le pianure e i tavolati sedimentari, digradanti verso E da 1.500 a 300 m, che coprono la sezione sud-orientale del paese (1/3 della superficie totale); infine l'arca pedemontana ai confini con il Sudan.
IDROGRAFIA Il nord-ovest dell'Etiopia è una sorta di grande riserva d'acqua, il cui potenziale idroelettrico è poco sfruttato (dighe di Koka sull'Awash e di Fincha su un affluente dell'Abay; alcune cascate sullo stesso Abay); sono poco utilizzate anche le possibilità di irrigazione. Tutta la sezione occidentale fa parte del bacino del Nilo: il fiume principale del paese è appunto il ramo del Nilo di maggiore portata, che nasce dal lago Tana e ne esce precipitando con ripide cascate in una lunga gola prima di girare verso O. Nella parte centrale del paese, a drenaggio endoreico, si incontrano i bacini dell'Awash, dell'Omo e dei laghi della Fossa dei Galla. La sezione orientale è percorsa dall'Uebi Scebeli e dal Giuba, che penetrano poi in Somalia e sfociano nell'oceano Indiano; la regione confinante con la Somalia è in più punti del tutto priva di acqua (areica).
CLIMA E VEGETAZIONE La latitudine equatoriale e soprattutto l'imponenza del rilievo condizionano i climi etiopici. Nella fascia sopra i 2.000 m l'abbassamento della temperatura, le precipitazioni sufficienti per le colture e la rarità dei periodi di siccità hanno consentito il maggior popolamento. Sopra i 2.500 m il freddo e il gelo riducono le rese agricole, ma si incontrano villaggi fino a più di 3.500 m. Tra i 1.500 e i 2.000 m cresce la temperatura, le piogge bastano ancora all'agricoltura negli anni normali, ma le frequenti siccità hanno gravi conseguenze per la popolazione. Sotto i 15.000 m, nelle regioni settentrionali, il clima si fa più caldo e secco e consente solo un popolamento di pastori nomadi; nelle regioni meridionali invece, data la vicinanza all'equatore, i bassopiani sono caldi e umidi. Sugli altopiani il popolamento ha in buona parte distrutto la flora originaria: per soddisfare il fabbisogno di legname, sono stati piantati ovunque eucalipti, alberi che ormai caratterizzano il paesaggio; della vegetazione originaria si conservano, sotto i 1.800 m, cespugli e boscaglie sempreverdi, e dai 1.800 ai 3.000 m la foresta di montagna (quella di Kefa, nel sud-ovest del paese, è la "patria" della pianta del caffé). La Fossa dei Galla e i bassopiani orientali sono coperti da cespugli e boscaglia; le regioni settentrionali presentano steppe arbustive semidesertiche; i territori presso i confini sudanesi e il lago Tana sono caratterizzati dalla foresta rada. L'Etiopia ha istituito 16 riserve naturali che tutelano nel loro insieme ecosistemi molto differenziati. Il territorio più protetto è quello della Fossa dei Galla, mentre alle grandi latitudini sono stati creati solo i due parchi nazionali dei monti Balé (4.307 m) e Simen (4.430 m).
LE ORIGINI l'Etiopia fu una delle "culle dell'umanità" come è dimostrato dai numerosi resti di preominidi ritrovati. Uno dei ritrovamenti più importanti e conosciuti è senza dubbio quello di Lucy, femmina di Australopithecus afarensis, il cui scheletro venne rinvenuto nel 1974 ad Hadar, lungo il fiume Awash, grazie alla spedizione del francese Coppens e dello statunitense Johanson. Lucy - il cui nome, curiosamente, si deve alla nota canzone dei Beatles "Lucy in the sky with diamonds" - è il più completo fossile pre-Homo mai trovato, essendo costituito da più di 60 segmenti ossei. Successivamente nei sedimenti del fiume Awash e dei suoi affluenti, un’equipe di ricercatori statunitensi, giapponesi ed etiopi, coordinata da Tim White, scoprì i resti di 17 individui che apparterrebbero alla più antica specie di ominide conosciuta: l'Australopithecus ramidus. Sono diversi i nomi con cui si usò indicare questa regione e i suoi abitanti. Il termine "etiope" deriva dal greco "faccia bruciata" e nell'antichità venne utilizzato per indicare tutti i nativi africani. L'altro nome, Abissinia, deriverebbe invece dall'arabo Habbashat, che identifica un'etnia yemenita emigrata in Africa nel 2000 avanti Cristo. Ciò trova conferma nell'idioma etiope, il ge'ez, che appartiene al ceppo semita e deriva dal sabana o sabeo, arabo del sud.
IL MILLENARIO REGNO CRISTIANO ( I - XIX secolo ) Le popolazioni immigrate dall'Arabia meridionale nelle regioni settentrionali del Paese, attorno al 300 a.C., diedero origine ad una importante formazione statale con epicentro ad Axum. Le prime notizie storiche riguardanti l'Etiopia risalgono solo all'inizio dell'era cristiana quando il regno axumita, contemporaneo all'Egitto ellenistico ed agli imperi romano e poi bizantino, raggiunse il suo apogeo. La posizione strategica gli permetteva di essere centro del traffico commerciale tra l'alto Nilo (Nahr-an-Nil) e i porti del Mar Rosso che commerciavano con l'Arabia e l'India; particolare importanza rivestì il porto di Adulis, presso l'odierna Massaua. Il regno era indipendente e dimostrò tendenza all'espansione verso l'attuale Sudan e l'Arabia meridionale. Verso la metà del IV secolo ebbe luogo la cristianizzazione della regione ad opera di due prigionieri siriani, Edeso e Frumenzio, e lo stesso re Ezam si convertì. L'adesione del sovrano fu un evento determinante che di fatto dichiarò il cristianesimo religione ufficiale e diede inizio alla lunga tradizione della Chiesa Copta Etiopica (Monofisita dal VI secolo), uno dei capisaldi dell'unità nazionale. Nel 525, sotto re Kaleb, fu conquistato lo Yemen, ma nel 572 i Persiani scacciarono gli axumiti dalla penisola arabica. L'avvento dell'Islam (convenzionalmente indicato dall'anno dell'egira (hijra), 622 d.C.) segnò la crisi dell'Abissinia. La nuova religione diede vitalità alle popolazioni arabe che in unità posero il loro dominio sull'Egitto e sulle coste del Mar Rosso (a partire dal litorale dell'attuale Eritrea) impedendone l'accesso agli etiopi. Irrimediabilmente le rotte commerciali furono modificate a discapito del regno axumita che ne aveva fatto una fondamentale fonte di prosperità. Questi avvenimenti completarono quel processo d'isolamento dell'Etiopia che era iniziato con la conversione al cristianesimo della classe dirigente.
In seguito alla penetrazione islamica, nei secoli successivi il regno si ritrasse da nord verso sud nelle zone più impervie dell'altopiano. Qui troviamo costituita la dinastia Zague, a cui, intorno al 1270, Yekuno Amlà tolse il potere. La nuova dinastia dei Salomonidi che ne ebbe origine rinnovò la continuità del regno cristiano - che nella tradizione etiope si faceva risalire a un mitico Menelik, figlio di Salomone e della Regina di Saba (vedi il box "Tradizioni etiopi") - con l'introduzione di un feudalesimo molto simile a quello dell'occidente europeo, e trasferendo la sede del regno nella regione di Amara. La nuova forma di governo accrebbe gli squilibri sociali: verso il XVI secolo un terzo della terra apparteneva al negus neghesti (imperatore, letteralmente 're dei re'), un terzo ai monasteri e un terzo veniva diviso tra la nobiltà ed il popolo. I successori di Amlà dovettero affrontare una lunga lotta con i musulmani che, affermati ed attivi nel sud, avevano fondato un regno sotto la dinastia degli Walasmac. L'attacco più grave contro l'Etiopia ebbe inizio nel 1529 per opera dell'imam Ahmed bin Ibrahim, detto Gragn ("Il Mancino"), che mosse da Harar, nuova capitale del regno musulmano, e giunse fino al Tigrai e a Massaua. Sotto attacco il negus chiese soccorso al Portogallo che nel 1541 aiutò gli abissini a sconfiggere gli invasori. Nel 1578 i Turchi tentarono di insediarsi sull'altopiano etiopico ma furono anche loro respinti. Poiché l'attenzione dei negus per oltre un secolo e mezzo si rivolse alla costa, i Galla (affini agli Haussa) ebbero l'opportunità di penetrare gradualmente dall'ovest, fino a costituire la maggioranza della popolazione. La loro influenza, che si mantenne nell'Etiopia centrale tra la fine del XVIII e l'inizio del XIX secolo, ebbe il suo culmine nel periodo tra il 1755 e il 1769 quando vi fu un imperatore Galla che solo a stento l'aristocrazia amhara riuscì a detronizzare.
LO STATO MODERNO E IL COLONIALISMO EUROPEO (1800 - 1948) Sorgeva intanto un nuovo principato nella parte meridionale del regno, precisamente nello Scioa, dove uno dei principi, Sahla Selassié, assunse infine il titolo di negus. Durante il suo principato diversi viaggiatori europei visitarono lo Scioa, ed egli strinse due trattati di amicizia e commercio con inglesi e francesi.
Nel 1855, un audace ed energico avventuriero di nome Kasa, riuscì ad impadronirsi del potere eliminando i feudatari imperanti e si proclamò re con il nome di Teodoro. La sua azione mirò a ricondurre l'Etiopia a unità sotto la ristabilita autorità monarchica. Il suo governo attivo e deciso si mutò però in un dispotismo violento e sanguinario. Un incidente diplomatico da lui suscitato provocò una spedizione militare inglese in Etiopia e Teodoro, assediato sull'amba di Magdala, prima di essere preso si uccise (1868). La seconda metà dell'ottocento è l'epoca del colonialismo europeo in Africa. Prima di allora le potenze europee erano presenti quasi esclusivamente in alcune zone litoranee, dove coltivavano interessi soprattutto commerciali. Nel 1869 viene completato il canale di Suez in Egitto ed ha inizio per l'Etiopia la sfida rappresentata dall'espansione europea. Proprio nello stesso anno si ebbe la prima presenza italiana nel Corno d'Africa con l'intraprendente armatore Raffaele Rubattino che, anche su incitamento del re Vittorio Emanuele II, acquistò dal sultano locale il porto di Assab (sulla costa meridionale eritrea). Dopo il breve regno di Tacla Ghiorghis, nel 1872 il potere passò nelle mani di un altro tenace dominatore, Giovanni IV, di origine tigrina. Come sovrano si impegnò principalmente al saldo mantenimento dell'autorità regia, soprattutto contro i tentativi di autonomia e usurpazione del supremo potere da parte di Menelik sovrano dello Scioa, che coglieva ogni occasione propizia per estendere il proprio dominio. Giovanni si trovò di fronte anche gli egiziani, che da Massaua tentavano di salire sull'altopiano. In due scontri decisivi egli batté le forze egiziane e le respinse definitivamente (1875-76).
Nel 1882, in preda ad una vera e propria frenesia imperialistica - che d'altronde era nell'aria in tutta Europa -, l'opinione pubblica italiana spinse il governo ad acquistare Assab da Rubattino. Con il permesso degli Inglesi - che già dal 1875 avevano in "amministrazione controllata" l'Egitto e il suo canale - nel 1885 l'Italia occupò Massaua, sostituendosi agli egiziani. In seguito, con l'intento di consolidare la sua presenza sia militarmente che diplomaticamente, fece espellere la guarnigione egiziana, che ancora vi stazionava, e tentò di allacciare rapporti amichevoli con l'imperatore etiopico Giovanni e con il suo potente e indocile vassallo dello Scioa Menelik. Il tentativo fallì e le azioni di disturbo che il negus aveva intrapreso per ostacolare l'occupazione culminarono con l'episodio di Dogali (1887) dove fu sorpresa e sterminata una colonna di 500 italiani. L'accaduto accese gli animi di parte dell'opinione pubblica che esigeva una rivincita. Intanto per il negus la situazione si faceva sempre più pericolosa per l'attiva e abile azione di Menelik. Dopo un'infruttuosa spedizione contro il sovrano del Goggiam, accordatosi con Menelik contro di lui, Giovanni mosse contro i dervisci (popolazione musulmana mahdista del Sudan) che minacciavano da Metemma (città etiope sul confine) e durante lo scontro rimase ucciso (1889). Nello stesso anno ad Entotto, il ras dello Scioa, che intanto aveva conquistato anche lo Harar, fu incoronato negus con il nome di Menelik II. Due anni prima, nel 1887, per lasciare il segno delle sue conquiste in territorio oromo e allargare verso sud il "cuore" del Paese cristiano, fondò la nuova capitale, che sua moglie Taitu volle chiamare Addis Abeba, in amarico "nuovo fiore". L'Italia, con reparti regolari in cui venivano inquadrati gli indigeni, ed anche grazie ad accordi stretti con alcuni capi locali, continuò l'occupazione piantando bandiera sull'altipiano eritreo a Cheren e Asmara. Menelik, allora, strinse un accordo con l'Italia, noto come accordo di Uccialli, dal nome del luogo dove fu firmato in Etiopia. Con questo documento veniva riconosciuto l'insediamento italiano in Eritrea, veniva concesso al negus un prestito (che questi subito impiegò per l'acquisto di armi) e - secondo l'interpretazione italiana - veniva istituito un protettorato su tutta l'Etiopia. A seguito dell'accordo, nel 1890 venne istituita ufficialmente la "colonia di Eritrea": fu solo allora che la regione venne così denominata, dal nome greco e poi latino del Mar Rosso (Erythraios Pontos). Il colonialismo italiano promosse una trasformazione delle istituzioni e dell'assetto fondiario, smantellando il sistema feudale che ancora sopravviveva. Intanto Menelik smentì di fatto la concessione del protettorato, cosa che apparve agli italiani come una legittimazione a procedere nell'avanzata verso l'altopiano etiope. Lo scontro, prima diplomatico e poi militare con Menelik - in pratica armato dall'Italia - culminò nella battaglia di Adua (1 marzo 1896), dove l'esercito italiano subì una disfatta in campo aperto perdendo 4.000 dei suoi 10.000 soldati. Fu la più devastante sconfitta subita dagli europei in Africa fino alla guerra d'Algeria. La pace di Addis Abeba, firmata nell'ottobre del 1896, riconosceva all'Etiopia piena sovranità e indipendenza.
Nel frattempo Menelik aveva allargato i confini dell'Impero, che andava ora fino al Caffa (a sud-ovest dell'attuale Etiopia), ai laghi Margherita e Rodolfo, all'Ogaden (nell'estremità sud-orientale). Un'ulteriore garanzia all'autonomia dell'Etiopia giunse nel 1906, quando Inghilterra, Francia e Italia riconobbero l'indipendenza e l'integrità territoriale dell'Abissinia, in cambio di vantaggi economici nel paese, espressi sotto forma di "sfere d'influenza". Dopo Menelik II il potere passò a suo nipote Ligg Iyasu (1914-16) e a sua figlia Zauditu (1917-1928), finché venne incoronato re, nel 1928, il ras Tafari Makkonen, autoproclamatosi imperatore nel 1930 con il nome di Hailé Selassié. l'Etiopia compì da allora un grande sforzo di progresso, non senza opposizioni tuttavia da parte sia di nazionalità discriminate sia di forze sociali emarginate. Nel 1931 Hailé Selassié concedette la prima costituzione, inaugurando un sistema semirappresentativo. All'inizio degli anni '30 il dittatore fascista Benito Mussolini, in cerca di prestigio nazionale e personale, manifestò l'intenzione di fare dell'Etiopia una colonia italiana (all'epoca l'Italia già controllava nel Corno d'Africa Eritrea e parte dell'attuale Somalia). Come risultato della "violenza geografica" della Conferenza di Berlino (1884-1885), agli inizi del '900 la totalità del continente africano risultava sotto il controllo delle potenze europee, con l'eccezione della Liberia - fondata nel 1847 da schiavi nord-americani liberati e tornati in Africa - e dell'Abissinia. Nel 1934 l'episodio di Ual-Ual, e le controversie che ne seguirono, divennero un importante oggetto di discussione tra le nazioni europee e L'Etiopia, benché in realtà tutto ciò nascondesse il vero problema: la minaccia italiana all'Etiopia. Ual-Ual era il nome di una località dove esistevano dei pozzi di vitale importanza per le popolazioni del confine somalo-etiopico. L'appartenenza era incerta - anche per la difficoltà di stabilire nel deserto l'effettivo confine tra le due nazioni - e rivendicata da entrambi. Uditi i roboanti proclami della propaganda italiana, Hailé Selassié pensò di infastidire gli italiani presso l'avamposto somalo (controllato da militari indigeni) servendosi di bande armate capeggiate da ras minori che potevano comodamente venir sconfessati ufficialmente. Un colpo di fucile - partito da non si sa quale schieramento - accese lo scontro armato che lasciò diversi morti sul campo. Non ci furono altri scontri tra somali ed etiopi, ma i rapporti tra l'Italia e il negus si compromisero irrimediabilmente.
Mussolini cercò di ottenere l'Etiopia attraverso un accordo con i due firmatari del 1906: Francia e Inghilterra. Il 7 gennaio del 1935 venne firmata una serie di accordi tra Roma e Parigi che - anche se non esplicitamente - contenevano il placet francese all'impresa di Mussolini. Con l'Inghilterra, però, non avvenne altrettanto. Il negus, da parte sua, cercò di proiettare la questione italo-etiopica sullo scacchiere internazionale: si rivolse alla Società delle Nazioni (una sorta di Nazioni Unite dell'epoca) invocando l'articolo 11 del patto societario che dichiarava ogni conflitto o minaccia di conflitto una questione che la Lega avrebbe dovuto con ogni mezzo risolvere (ne conseguiva l'articolo 16, che imponeva sanzioni economiche e militari a chi avesse mosso guerra contro un suo membro). Ma la Società delle Nazioni era "nata morta" per la mancata adesione degli Stati Uniti, mentre gli interessi nazionali dei Paesi membri e l'uscita da parte di Giappone e Germania, la rendevano inefficace e facevano delle sanzioni economiche un'arma troppo debole. Questo aspetto, unito all'instabilità dell'Europa - che faceva di Mussolini un possibile alleato contro la risorta minaccia tedesca -, ed al fatto che il regime interno dell'Etiopia non aveva le carte così in regola da potersi presentare come antagonista democratica del dittatore italiano, fecero fallire il tentativo di Selassié. Anzi, con l'obiettivo di evitare la guerra, ma anche una rottura con l'Italia, si cercò il compromesso mercanteggiando concessioni territoriali o di controllo politico alle spalle del negus. Mussolini rifiutò ogni proposta e si giunse quasi allo scontro militare con l'Inghilterra. Questo fu scongiurato, e all'Italia in caso di guerra sarebbero rimaste solo le sanzioni economiche che, tra l'altro, avrebbero potuto essere aggravate dalla chiusura del Canale di Suez che Londra escluse formalmente. Il 3 ottobre 1935 le avanguardie italiane varcarono il Mareb, fiumiciattolo che divideva il territorio eritreo da quello abissino. Il comando delle truppe in Etiopia fu affidato al generale Emilio De Bono, quadrumviro fascista.
L'armamento e l'equipaggiamento del corpo di spedizione erano, se raffrontati alle esigenze di una guerra moderna, e ai progressi della tecnica, piuttosto modesti. In realtà, considerato l'avversario, erano più che adatti. Il negus affidò la difesa del suolo nazionale ai ras locali ed alle loro truppe. L'impreparazione, la conflittualità interna e la mancanza di coordinazione di questi ultimi semplificò l'iniziativa italiana.
L'11 ottobre la Società delle Nazioni decise le sanzioni economiche nei confronti dell'Italia; aderirono cinquantadue stati membri, con l'eccezione di Austria, Ungheria e Albania. Con le sanzioni gli stati aderenti alla Lega promettevano di applicare all'Italia, oltre all'ovvio embargo delle forniture di armi e munizioni, anche il divieto di esportazione e importazione di una lista di merci necessarie alla guerra, lista dalla quale fu tuttavia escluso l'indispensabile petrolio. Privati di questa importante risorsa, gli italiani sarebbero stati costretti ad interrompere rapidamente l'avanzata. Senza enormi difficoltà, verso la fine di ottobre De Bono si attestò sulla linea che unisce Macallè ad Axum. Mussolini, che voleva un conflitto lampo così da poter immediatamente ricostruire i rapporti con le nazioni europee, si convinse a sostituire il riluttante De Bono con il maresciallo Pietro Badoglio. Nel dicembre, le nazioni europee tentarono di fermare la guerra con nuove iniziative diplomatiche che prevedevano sempre concessioni all'Italia. Il negus sdegnato rifiutò ogni proposta che premiasse l'invasore, ma il tentativo si dissolse comunque per il contrasto all'interno degli stessi Paesi che l'avevano promosso. La guerra di Badoglio ebbe i suoi alti e i suoi bassi ma, anche grazie all'appoggio e all'avanzata delle truppe italiane di stanza in Somalia, il maresciallo entrò trionfalmente il 5 maggio 1936 in Addis Abeba. Tre giorni prima il negus era stato costretto a lasciare il Paese via mare ed a rifugiarsi in Europa. Il conflitto lasciò sul terreno diverse migliaia di morti e non mancarono nemmeno episodi particolarmente drammatici. Tra questi ricordiamo: l'uso da parte degli italiani dei gas tossici (tra cui l'iprite), l'adozione da parte abissina di proiettili esplosivi "dum-dum" e le barbare mutilazioni praticate ai cadaveri di entrambi gli schieramenti ad opera sia degli etiopi sia degli indigeni arruolati nelle truppe italiane. Il 9 maggio il re d'Italia Vittorio Emanuele III assunse il titolo di Imperatore d'Etiopia. Il 15 luglio la Società delle Nazioni abolì le sanzioni economiche contro l'Italia. Durante i cinque anni di occupazione ('36-'41), l'Italia impiantò varie industrie di trasformazione, così come piantagioni di caffé, ed instaurò un regime di discriminazione razziale simile all'Apartheid sudafricano. Non mancarono, inoltre, gravi problemi con la guerriglia dei ras locali, che spesso non accettarono l'occupazione italiana. Una nuova fase si aprì il 10 giugno del 1940, data in cui l'Italia entrò ufficialmente in guerra a fianco della Germania nazista contro Francia e Inghilterra. L'Etiopia, circondata da colonie britanniche (Sudan anglo-egiziano, Kenya e Somalia Britannica), divenne potenzialmente una "zona calda". Da metà giugno ad agosto l'Italia svolse una serie di offensive contro i territori confinanti inglesi, racimolando conquiste di modesto valore strategico. Le truppe britanniche erano senza dubbio meglio equipaggiate, ma di gran lunga inferiori per numero. All'inizio del 1941 la situazione cominciò a mutare: l'interesse inglese per l'Etiopia cresceva. L'esigenza era quella di controllare il Mar Rosso, così che vi potessero transitare con sicurezza le navi statunitensi. L'America, all'epoca non ancora in guerra al fianco dei britannici, si era impegnata a supportarli attraverso l'invio massiccio di aiuti. La strategia di Londra era di chiudere in una "tenaglia" le truppe italiane muovendo dal Sudan e dal Kenya. all'offensiva volle partecipare anche Hailé Selassié - da poco trasferitosi a Kartum - con un'unità costituita ad hoc e battezzata Gideon Force . In numero più consistente, e scontrandosi con un avversario mal equipaggiato e mal organizzato - già dalla fine del '40 la RAF spadroneggiava nei cieli dell'Etiopia -, gli inglesi ebbero presto la meglio sugli italiani. Il 6 aprile 1941 fecero il loro ingresso in Addis Abeba, e nell'inverno dello stesso anno ogni velleità di resistenza italiana fu spazzata via definitivamente. Particolarmente strenua fu la resistenza italiana a Cheren (caduta il 27 marzo) e Gondar (ultima a cadere il 27 novembre). Parallelamente all'Etiopia furono occupate dagli inglesi anche le altre due colonie italiane, decretando la fine dell'Africa Orientale Italiana. Con il trattato di Parigi del 1947, l'Italia rinunciò ad ogni diritto sull'Etiopia.
LA FINE DEL COLONIALISMO (1948 - 1974) La presenza britannica si protrasse oltre il termine della guerra mondiale, e cioè fino al 1948, anno in cui l'Etiopia riguadagnò l'indipendenza. Hailé Selassié ritornò sul trono, ma la sua nazione versava in una crisi senza precedenti. La struttura produttiva era disorganizzata, la condizione di medievale arretratezza relegava l'Etiopia nel gruppo dei 25 Paesi più poveri al mondo. La schiavitù era stata nominalmente abolita, ma di fatto continuava a mietere vittime. La struttura scolastica lasciava un gran numero dei suoi figli in pasto all'analfabetismo. Infine i movimenti nazionalisti che avevano lottato contro l'invasore non accettavano il ritorno al feudalesimo.
L'imperatore da parte sua, denunciò il colonialismo, appoggiò il Movimento dei Paesi non Allineati e l'Organizzazione per l'Unità Africana (OUA), la cui sede si insediò in Addis Abeba, e proprio in nome del nazionalismo panafricano postcoloniale cercò di contenere i fermenti delle minoranze etniche e regionali, in particolare dell'Eritrea. La sorte di quest'ultima fu decisa dall'ONU nel 1950. Tramontata l'ipotesi di affidare il Paese ad un'amministrazione fiduciaria e scartate le soluzioni della fusione con l'Etiopia, dell'indipendenza e della spartizione tra Etiopia e Sudan, l'ex colonia italiana fu dichiarata "unità autonoma" federata con l'Etiopia. Il nuovo status, entrato in vigore nel 1952, durò appena un decennio, perchè nel 1962 l'Etiopia procedette all'annessione della regione. Il mondo politico locale reagì con la lotta armata sotto la direzione del Fronte di Liberazione Eritreo (ELF), da cui più tardi si staccò il Fronte Popolare di Liberazione Eritreo (EPLF). Entrambi, pur in conflitto tra loro per l'egemonia del movimento nazionale, misero a dura prova il governo etiope sino agli anni '90. Nel frattempo il negus mantenne stretti vincoli con Israele, e dotò il Paese di una burocrazia statale, di un sistema educativo ispirato a quello degli Stati Uniti e del maggior esercito dell'Africa subsahariana. La struttura agraria, però, cambiò poco: i latifondisti e la Chiesa etiopica controllavano l'80% delle terre fertili. Le piantagioni per l'esportazione (cotone, zucchero) cominciarono a crescere a partire dagli anni '50, mentre il principale prodotto, il caffé, era coltivato soprattutto da piccoli agricoltori. La modernizzazione intrapresa dall'alto, all'insegna di una "autocrazia illuminata", ritardò ma non evitò la crisi del sistema monarchico ad opera di un vasto movimento di protesta. Nel 1960 un tentativo di colpo di Stato da parte del figlio del negus Asfa Wossen fu subito represso. Nel 1972 una lunga siccità, mai trapelata, produsse una catastrofe nazionale che causò un numero incalcolabile di morti, ma Hailé Selassié rifiutò sdegnosamente gli aiuti e restò sordo alle rivendicazioni dei contadini. Racconta un missionario italiano, Padre Bonzanino, all'epoca in Etiopia: "Quando molto in ritardo giunsero gli aiuti dall'estero, i pezzi grossi ne approfittarono vendendo il grano agli affamati e intascando grosse somme. Fu l'ultimo colpo. Si accese il fuoco delle rivendicazioni, attizzato soprattutto dagli ufficiali giovani dell'esercito e dagli studenti delle scuole superiori. La rivoluzione iniziò in sordina nel marzo 1974. i militari spazzarono via l'intero governo con il prestigioso primo ministro Haklilu Habte-Wolde, da 13 anni in carica. L'imperatore tentò di arginare l'alluvione con promesse di revisione della Costituzione, ma ormai era troppo tardi." La deposizione dell'imperatore avviene il 12 settembre 1974.
LA RIVOLUZIONE MARXISTA ( 1974 - 1991)
Un Comitato di Coordinamento delle Forze Armate, il Dergue (Comitato, in amarico), diretto dal generale Aman Michael Andom, abolì la monarchia e proclamò la repubblica. La Costituzione fu sospesa e il Parlamento sciolto. Dopo sanguinose faide interne al Dergue, culminate il 24 novembre 1977, assunse il potere il colonnello Menghistu Hailé Mariam, che riuscì a consolidare il Comitato ed a porre fine alle lotte interne alle Forze Armate. Il governo militare nazionalizzò le banche, le compagnie di assicurazione e le grandi industrie a capitale straniero e chiuse le basi militari nordamericane. La chiave della "rivoluzione nazionale democratica" fu la statalizzazione del suolo e del sottosuolo che pose fine al latifondismo. Il "socialismo scientifico" (marxista) fu adottato come filosofia ufficiale dello Stato. L'opposizione fu schiacciata mediante il "terrore rosso" fra il 1977 ed il 1978, periodo in cui avvennero migliaia di esecuzioni sommarie. Superata questa crisi l'esercito dovette anche affrontare le ribellioni secessioniste dell'Eritrea e dell'Ogaden. Gli indipendentisti eritrei ritenevano infatti che la presenza di un governo di tipo socialista ad Addis Abeba non fosse un motivo sufficiente per rinunciare alla loro lotta, mentre i somali dell'Ogaden, territorio desertico rivendicato dalla Somalia, approfittarono della crisi etiope per alimentare i loro propositi separatisti. Contraria al progetto somalo di annessione dell'Ogaden, l'Unione Sovietica ruppe gli accordi militari con il presidente Siad Barre. L'appoggio sovietico e cubano all'Etiopia fu decisivo nella sconfitta delle truppe somale, in una moderna guerra di mezzi corazzati. Le truppe cubane non parteciparono alla lotta contro gli eritrei, ma questi furono obbligati a retrocedere dopo una grande offensiva nel 1979. Nel frattempo, scoppiava la guerriglia dei contadini nel Tigrai. Avendo ottenuto almeno provvisoriamente il controllo della situazione militare, Menghistu si dedicò ai problemi interni. Nel 1979, il governo creò la Commissione per l'Organizzazione dei Lavoratori Etiopi (COPWE). In quell'anno la superficie delle aree coltivate crebbe del 14%, con una crescita del PIL del 6%. Nel 1984 il paese cominciò a subire gli effetti della siccità che si protraeva dal 1982. Dodici province furono colpite da siccità e denutrizione, che uccisero più di 500.000 contadini, minacciando la vita di cinque milioni di persone. Nello stesso anno si svolse il congresso di fondazione del Partito dei Lavoratori Etiopi (WEB), che approvò la trasformazione del paese in Stato socialista. Il 12 settembre, il Parlamento (Shengo) proclamò la Repubblica Popolare Democratica e confermò Menghistu a capo dello Stato. Entrarono quindi in azione i separatisti, tanto nelle province dell'Eritrea e del Tigrai quanto nelle regioni di Uollò e Gonder e tra gli oromo nel sud. La nuova costituzione istituì cinque nuove regioni autonome e venticinque regioni amministrative. L'Eritrea avrebbe potuto legiferare in qualsiasi campo tranne la difesa e la sicurezza nazionale, la politica estera e le relazioni con il governo centrale. I ribelli eritrei giudicarono tale proposta "coloniale". Nel dicembre del 1987 gli eritrei conquistarono Af Abed, dopo una cruenta battaglia in cui vennero catturati 18.000 soldati etiopi, tre istruttori militari sovietici e il comandante dell'esercito settentrionale. Nel frattempo il Fronte di Liberazione del Popolo del Tigrai conquistò importanti città, come Wukro, un centro di aiuti internazionali per le vittime della fame. Da allora, tigrini ed eritrei firmarono accordi di cooperazione ed elaborarono una strategia militare congiunta. L'attività militare dei ribelli causò nuove e pesanti perdite all'esercito etiope. Nel 1989 il comando della XIIª divisione, con 150.000 effettivi distaccati al fronte, tentò un colpo di stato. Menghistu rientrò rapidamente dalla Germania orientale e sventò il tentativo. Nel settembre del 1989 gli ultimi soldati cubani si ritirarono dall'Etiopia, su richiesta del governo, che nell'aprile del 1988 aveva firmato la pace con la Somalia. Nel 1990, nel quadro dei rivolgimenti politici nei paesi dell'ex blocco socialista, la direzione del WEB decise di cambiare nome in Partito Democratico dell'Unità Etiope (PDUE) e ne modificò anche la struttura interna. Senza abbandonare il partito unico, si eliminò l'etichetta marxista-leninista e si richiamarono nelle sue file tutti gli etiopi, inclusi gli oppositori. Nel frattempo, il governo decise di impiantare un'economia mista, formata da enti statali, cooperative e imprese private. Nel marzo del 1990, l'ex Unione Sovietica ritirò i propri consiglieri militari dall'Eritrea. L'EPLF - che intanto aveva soppiantato l'ELF e aveva abbandonato ogni riferimento ideologico al marxismo - si impadronì del porto di Massaua, arrivando a controllare tutto il territorio eritreo tranne Asmara, che restò isolata, senza collegamenti via terra con il resto dell'Etiopia.
LA REPUBBLICA DEMOCRATICA FEDERALE ( 1991 - 1998 )
Nel maggio del 1991, Menghistu fuggì improvvisamente dal paese, incalzato dai trionfi della guerriglia del nord. Il governo restò nelle mani del vicepresidente Tesfaye Gabre Kidane, considerato un moderato, che istituì un governo di transizione negoziando il cessate il fuoco con i ribelli eritrei. Il governo di Kidane partecipò ai dialoghi di pace con i principali gruppi di ribelli, svoltosi a Londra e presieduto dagli Stati Uniti, per arrivare ad un accordo che impedisse la guerra civile. Kidane si dimise alla fine di maggio, quando i nordamericani consigliarono alle forze del Fronte Rivoluzionario Democratico del Popolo Etiopico (EPRDF) di assumere il controllo di Addis Abeba. Le leve del potere rimasero prevalentemente nelle mani dei tigrini, a partire da Meles Zenawi, 36 anni, leader dell'EPRDF, che assunse l'incarico di presiedere il governo ad interim fino alla realizzazione di una conferenza multipartitica e che promise la fine della guerra civile e della fame nel paese. Tre mesi dopo, nel riaprire il Parlamento e promulgare la nuova Costituzione, Meles si impegnò a indire nuove elezioni entro un anno. Nonostante il nuovo assetto istituzionale, gli eritrei continuano a manifestare i loro propositi d'indipendenza, talvolta con iniziative altamente provocatorie nei confronti del governo di Addis Abeba. Nel 1991 l'Eritrea staccò i contatti telefonici con il resto del mondo rifiutando il prefisso dell'Etiopia. Nel Marzo del 1992 vennero eletti i nuovi consigli regionali, ma il Fronte di Liberazione Oromo si ritirò dal Consiglio dei Rappresentanti formato da 87 membri, che legittimava il governo provvisorio. Il governo di transizione si impegnò a promuovere l'economia di mercato, stimolare la produzione agricola e ridurre la povertà, nel quadro di un programma quinquennale coordinato da un organismo delle Nazioni Unite e della Banca Mondiale. Nel 1993 l'Etiopia non si oppose più alle istanze nazionaliste dell'Eritrea che il 24 maggio, a seguito del responso di un referendum popolare, proclamò l'indipendenza, ottenendo l'immediato riconoscimento internazionale. Nel 1994, la consegna di 1.200 milioni di dollari in cinque anni prevista dal programma economico subì un sensibile rallentamento, perchè gli organismi internazionali considerarono insufficiente il ritmo delle privatizzazioni promosse dal governo etiope. In una critica al programma richiesto dal Fondo Monetario Internazionale (FMI) e dalla Banca Mondiale, le associazioni umanitarie che aiutavano l'Etiopia dichiararono che era urgente effettuare maggiori investimenti in sementi, attrezzature ed allevamenti. Si calcola che negli ultimi 20 anni più di un milione di etiopi siano morti di fame e un altro milione si sia dovuto rifugiare nei paesi vicini. Nel maggio del 1994, il Consiglio dei Rappresentanti approvò il progetto di Costituzione che creava la Repubblica Democratica Federale d'Etiopia dividendola in 9 stati-regioni: Tigrè, Afar, Ahmara, Oromìa, Somali, Benshangui, Gambela, Harar e Popoli del sud (quest'ultimo riunisce 45 gruppi etnici minori). Questo progetto si basava sul principio del "federalismo etnico", diverso dalla precedente visione ufficiale unitaria del paese. Secondo il testo approvato, la "sovranità sta nelle nazioni, nazionalità e popoli dell'Etiopia" e non nel popolo nel suo insieme. In giugno si svolsero le elezioni dell'Assemblea Costituente, boicottate dai principali partiti d'opposizione, come il Fronte di Liberazione Oromo e il Fronte di Liberazione dell'Ogaden. Nel maggio-giugno del 1995 si tennero le elezioni parlamentari, anch'esse boicottate dalla maggior parte dei partiti d'opposizione. La nuova repubblica federale fu proclamata ufficialmente in agosto. La presidenza venne assunta da Negasso Gidada, un oromo cristiano della regione di Welega, nell'ovest dell'Etiopia. Il presidente uscente, Meles Zenawi, divenne primo ministro e i 17 membri del governo furono scelti in modo da riflettere gli "equilibri etnici" del paese. Il governo proseguì le privatizzazioni delle industrie statali - nel 1995 ne furono vendute 144 - e il deficit annuale di cereali raggiunse il milione di tonnellate. Nel 1996 fallì un tentativo di uccidere Menghistu. Gran parte dei suoi antichi collaboratori era in carcere. La Banca Mondiale annunciò un taglio al debito estero etiope. Amnesty International rinnovò nel 1997 la richiesta di liberazione degli oppositori e chiese la fine delle detenzioni arbitrarie, torture e sparizioni. All'inizio del 1998, la scarsità di alimenti minacciò milioni di etiopi. L'accesso ai prodotti di prima necessità si fece sempre più difficile per i settori più poveri della società, in seguito all'aumento dei prezzi decretato dal governo (il 13% tra agosto e dicembre del 1997). L'apposita Commissione Etiope per la Prevenzione delle Catastrofi (DPPC) sollecitò l'aiuto degli organismi internazionali per evitare una nuova carestia.
DAL CONFLITTO CON L'ERITREA FINO A OGGI ( 1998 - 2003 ) Nel febbraio del 1999 scoppiò il conflitto tra Etiopia ed Eritrea: due dei Paesi più poveri al mondo. Alla base dello scontro, che ebbe il suo casus belli nei contrasti riguardanti i confini tra i due stati, vi sono una serie di "dispetti" reciproci tra Addis Abeba e Asmara - quest'ultima decisa a dimostrare in ogni modo, anche inutile o masochistico, la sua completa autonomia dall'Etiopia - che si protraggono dalla cacciata di Menghistu (per approfondimenti leggi "Etiopia-Eritrea: una guerra tra poveri" di B.Bellesi, Missioni Consolata 10/2003). Un primo episodio, come già indicato, fu quello relativo ai collegamenti telefonici dell'Eritrea. Successivamente, nel 1997, nonostante fossero trascorsi già quattro anni dall'indipendenza, l'Eritrea introdusse la propria moneta, il nafka, in sostituzione del birr etiope. Addis Abeba ne rifiutò la parità e pretese che ogni transazione avvenisse in dollari. Asmara aumentò le tasse di transito. l'Etiopia dirottò i traffici dai porti di Massaua e Assab a quello di Djibuti, con danni economici e commerciali per entrambi i Paesi. L'introduzione del nafka pose il problema di dogane e frontiere: fino a quel momento i confini erano semplici limiti amministrativi e gli accordi commerciali rendevano irrilevanti le barriere doganali. Quando si trattò di fissare i confini nazionali, i dispetti reciproci sfociarono in guerra aperta. Nel maggio del 1998 tre militari eritrei, accorsi ad ispezionare le frontiere, furono uccisi dai miliziani tigrini. L'esercito eritreo occupò alcuni villaggi del triangolo di Badme, una zona assai inospitale, ma che gli eritrei rivendicano come territorio nazionale, in base alle mappe tracciate negli anni dell'occupazione coloniale italiana. L'Etiopia reagì con la mobilitazione generale, estese il conflitto ad altre zone controverse (Zelambesa e Burie) per oltre 1.000 km, e bombardò alcune città eritree, facendo decine di vittime anche tra civili. Il Consiglio di Sicurezza dell'ONU emanò una risoluzione che imponeva l'immediato cessate il fuoco e il blocco della vendita di armi e informazioni ai paesi belligeranti. Il provvedimento, però, riuscì solo a sospendere le incursioni aeree e furono le stagioni delle piogge a bloccare cannoni e carri armati da giugno ad ottobre. Nel marzo del 1999 il Presidente USA Bill Clinton propose di ridurre di 70 milioni di dollari il debito estero dei 46 paesi africani riuniti in un vertice di ministri. In quel momento Clinton faceva pressione al Congresso del suo paese affinché approvasse la sua "Iniziativa di commercio con l'Africa".
Nel luglio 1999, l'Organizzazione Mondiale della sanità (OMS) annunciò che in Etiopia e in altri paesi africani e asiatici si sarebbe realizzato un programma di vaccinazioni di massa contro la polio, nel tentativo di distruggere definitivamente questa malattia entro l'anno 2001. Nel maggio 2000, iniziata la stagione secca, truppe etiopi con armi pesanti penetrarono in Eritrea, facendo 300 prigionieri, mentre i due paesi si accusavano a vicenda di aver dato inizio alle ostilità. In seguito alle pressioni dell'ONU e dello OUA, in giugno le parti firmarono il cessate il fuoco. In dicembre iniziò il rimpatrio dei prigionieri. Nel gennaio 2001 Addis Abeba rinviò a tempo indeterminato il ritiro delle sue truppe, accusando Asmara di non voler abbandonare alcune aree. Nell'aprile del 2002 migliaia di persone festeggiarono il verdetto della Corte Permanente di Arbitrato dell'Aia che delineava 1.000 km di frontiera tra Etiopia ed Eritrea. Il governo di Addis Abeba lo considerò come il trionfo delle proprie rivendicazioni, benché non si fosse tenuto conto della richiesta riguardante il porto di Assab. Il 20 aprile gli esperti cominciarono a scattare fotografie aeree per demarcare il territorio di alcune città, in particolare Badme, i cui abitanti, in maggioranza etiopi, vivevano ancora nell'incertezza. Alla fine di aprile l'Etiopia decise di chiudere la frontiera con l'Eritrea ai funzionari dell'ONU accusandoli di aver condotto dei giornalisti nella zona passando dall'Eritrea senza il rilascio dei visti etiopi. Il governo eritreo accusò a sua volta l'Etiopia di ostacolare il processo di demarcazione e di violare il recente verdetto dell'Aia. Il ministero del Lavoro e degli Affari Sociali rivelò il 30 aprile che migliaia di minori etiopi vivono o lavorano sulla strada. Si calcola che il numero di questi bambini di strada si collochi tra i 100.000 e i 200.000, di cui (secondo i dati dell'UNICEF) almeno 50.000 vivrebbero nelle strade della capitale. Angela Walker, portavoce dell'UNICEF, ha segnalato che questi minori sono esposti a diversi pericoli, come lo sfruttamento sessuale, l'abuso sessuale, la prostituzione e il contagio da HIV. Attualmente altri 500.000 bambini rischiano di finire sulla strada.
POPOLAZIONE Gli etiopi appartengono a oltre 90 etnie, di cui però solo sette superano il milione di membri. Gli oromo costituiscono più di un terzo della popolazione, gli amhara circa un quarto, i tigrini un decimo. Seguono guragi, somali, sidama e wolaita. Attualmente sono riconosciute 22 minoranze. La chiesa cristiana copta etiopica è maggioritaria fra gli amhara e i tigrini. La maggior parte dei somali, afar e aderi sono musulmani. Sono praticate anche religioni tradizionali africane. Vi sono quattro grandi famiglie linguistiche: semitica (amhara), cuscitica (oromo, somali, afar), omotica e nilo-sahariana. L'amarico è la lingua ufficiale, tra gli 80 idiomi parlati in questo paese.
STATO Nel maggio del 1991 viene rovesciato il regime marxista di Menghistu; inizia così una nuova fase politica per l'Etiopia. Con una Costituzione - ratificata alla fine del 1994, divenuta efficace nella metà del 1995 - nasce la Repubblica Democratica Federale d'Etiopia, costituita da nove stati (kililoch), e due zone amministrative autonome (astedaderoch), individuati su base etnica: Afar, Amhara, Binshangul Gumuz, Gambela Hizboch (Popoli di Gambela), Hareri Hizb (Popoli di Harar), Oromiya, Sumale (Somali), Tigray e Ye Debub Biheroch Bihereseboch na Hizboch (Nazioni etniche meridionali); zone amministrative di Addis Abeba e di Dire Dawa. Ulteriori suddivisioni amministrative all'interno degli stati sono le Zone e le Province (woreda). Il potere esecutivo è affidato al governo ed al Presidente della Repubblica. Nel governo il Primo Ministro, che viene indicato dal partito politico in maggioranza al termine delle elezioni, presiede il consiglio dei ministri i cui componenti, da lui designati, sono in seguito confermati dal Consiglio dei Rappresentanti del Popolo (camera bassa). E' questo ramo del parlamento ad eleggere, con mandato di sei anni, Il Presidente della Repubblica, le cui funzioni sono perlopiù rappresentative.
Il potere legislativo è attribuito ad un parlamento bicamerale (Assemblea Federale) composta da: Consiglio Federale (camera alta) e Consiglio dei Rappresentanti del Popolo (camera bassa). Il primo riunisce 108 membri eletti ogni cinque anni dalle nove assemblee regionali, il secondo conta 548 seggi assegnati ogni cinque anni attraverso elezioni a suffragio universale. Durante le ultime elezioni (maggio 2000) in alcuni seggi si sono verificate irregolarità ed episodi di violenza. Nella regione del Somali le votazioni sono state posticipate in seguito alla grave siccità che ha interessato la zona. La Suprema Corte Federale detiene il potere giudiziario, la cui autonomia è quasi inesistente, dal momento che Presidente e Vicepresidente sono segnalati dal Primo Ministro e nominati dalla camera bassa. E' in vigore la pena di morte. L'indipendenza dell'Etiopia è una forte realtà storica in Africa, venuta meno soltanto per brevi periodi. Alla luce di questo i colori della sua bandiera (verde, giallo e rosso) sono stati elevati a simbolo della libertà dal colonialismo europeo e divenuti assai frequenti in quelle di altre nazioni del continente rimpossessatesi della loro indipendenza. Da qui hanno origine i colori dell'Africa che sono appunto il verde, il giallo e il rosso.
CALENDARIO COPTO ETIOPE
(tratto da www.internet-milano.it) Il calendario etiope è costituito da 12 mesi di 30 giorni ciascuno, seguito da un periodo di 5 giorni. Ogni quattro anni, durante l'anno bisestile, viene aggiunto un giorno supplementare nell'ultimo periodo. Quindi l'anno è mediamente composto da 365,25 giorni. Il primo dell'anno corrisponde al nostro 11 settembre (il 12 negli anni bisestili). Oggi, secondo il calendario gregoriano, in uso nei paesi occidentali, siamo nell'anno 2004; In Etiopia invece è il 1996 . I mesi sono: Meskerem (Settembre/Ottobre), Tikemt (Ottobre/Novembre), Hedar (Novembre/Dicembre), Tahesas (Dicembre/Gennaio), Tir (Gennaio/Febbraio), Yekatit (Febbraio/Marzo), Megabit (Marzo/Aprile), Meyazeya (Aprile/Maggio), Genbot (Maggio/Giugno), Senay (Giugno/Luglio), Hamlay (Luglio/Agosto), Nehasay (Agosto/Settembre), Pagume (Settembre). Per quanto riguarda la misurazione del tempo durante la giornata, l'ora viene calcolata dall'alba e non dalla mezzanotte come avviene da noi.
La povera economia etiopica è basata sull'agricoltura che costituisce il 50% del PIL, l'85% delle esportazioni e l'80% dell'occupazione. Il settore agricolo, tuttavia, è reso debole dalle frequenti siccità e da primitive tecniche di coltivazione. Importante per l'economia etiopica è la produzione di caffé, con esportazioni per 270 milioni di dollari nel biennio 2000/2001, ma storicamente i prezzi bassi hanno indotto molti agricoltori a passare al qat per integrare i loro guadagni.
La guerra con l'Eritrea nel 1999-2000 e le frequenti siccità hanno danneggiato l'economia, in particolare la coltivazione del caffé. Nel novembre del 2001 l'Etiopia è stata segnalata da un'iniziativa del HIPC (Highly Indebted Poor Countries - Paesi Poveri Altamente Indebitati) per la cancellazione del debito.
In base al sistema di proprietà etiopico il governo possiede tutte le terre e concede contratti d'affitto a lungo termine; Il sistema continua ad impedire lo sviluppo del settore industriale poiché gli imprenditori non hanno possibilità di utilizzare la proprietà come garanzia per l'accensione di mutui. La forte crescita nel 2002 si è avuta in seguito alle intense e precoci piogge, alla fine delle ostilità, a nuovi aiuti stranieri e cancellazioni del debito. Ma la siccità colpisce ancora alla fine del 2002, e il World Food Program (WFP) stima che 14 milioni di etiopici necessitano di cibo per sopravvivere. Nel 2003, in seguito alla siccità, il Prodotto Interno Lordo diminuisce del 2%. Il governo calcola che sia necessaria una crescita del 7% per ridurre la povertà.
Bibliografia:
- GUIDA DEL MONDO - Il mondo visto da sud 2003/2004 - EMI - Enciclopedia Geografica Garzanti - Garzanti Editore s.p.a., 1995 - Dizionario Enciclopedico Italiano - Treccani - I.Montanelli - L'Italia dei notabili - Rizzoli - I.Montanelli - L'Italia littoria - Rizzoli - I.Montanelli - L'Italia della disfatta - Rizzoli - sito internet: CIA - The World Factbook (www.cia.gov) - G. Tebaldi - La missione racconta - EMI
aggiornamento pagina: 6 ottobre 2004 |